Si chiude un anno da record per le borse : cosa ci possiamo aspettare per il 2022

Il 2021 appena chiuso si è rivelato la più fedele prosecuzione degli ultimi mesi dell’anno precedente e ha consegnato agli investitori guadagni notevoli.

Negli Stati Uniti l’S&P 500 ha guadagnato più del 27%, il Nasdaq il 21%, il Dow Jones Industrial Average il 19%. In Europa il Cac 40 Francese ha guadagnato il 29 2%, seguita da Milano con il FTSE Mib a ­­+23%, e dal DAX 40 a + 15,8%.

Ma il 2021 non è stato un anno generoso solo sul piano delle quotazioni azionarie, ma anche sotto il profilo della distribuzione delle cedole: secondo quanto riportato da Janus Henderson Global Dividend Index, si prevede per il 2022 una distribuzione record di dividendi a valere sugli esercizi 2021, che secondo stime ormai più che attendibili, potrebbe ammontare complessivamente a circa 1.460 MLD, una cifra complessivamente superiore del 15,6% a quella del 2020.

Si chiude dunque un anno particolarmente positivo per gli investitori che ha visto, dopo la corsa dei titoli tecnologici del 2020, una marcata rotazione settoriale ed un ritorno degli acquisti sui settori più tradizionali e più legato al ciclo economico, quali banche, auto, costruzioni e, in genere, i titoli del settore industriale che hanno corso più velocemente e, in qualche caso, hanno addirittura superato i titoli hi-tech.

Merito senza dubbio di una ripresa a tratti anche più sostenuta rispetto alle attese, fattore chiave che ha permesso di riapprezzare i titoli più strettamente legati al ciclo economico e che rappresenta un altro dei tratti caratteristici dell’anno appena trascorso, insieme al dei prezzi del petrolio e, in genere, dei prezzi dell’energia e delle materie prime.

Gli altri aspetti che hanno caratterizzato l’ultima parte del 2021 sono stati il ritorno dell’inflazione ed il dilagare, di nuovo, della pandemia da Covid.

Cosa ci si aspetta per il 2022

Mentre le previsioni sullo sviluppo della pandemia sembrano di difficile interpretazione, e non sembrano, ad oggi, preoccupare più di tanto i mercati, almeno fin tanto che non ci dovesse essere una pesante ricaduta sui livelli produttivi, come accaduto nel corso del 2020, sul piano dell’inflazione i tassi tendenziali, sospinti dalla forza della ripresa, dal rincaro delle materie prime e dai colli di bottiglia evidenziati nelle catene di approvvigionamento internazionali delle imprese produttrici hanno raggiunto livelli mai visti da molto tempo: il 6,8% secondo l’ultimo dato disponibile di novembre per gli Usa, il 6% in Germania, il 4,9% in Europa e anche il 3,7% in Italia.

Il dibattito sul carattere temporaneo o strutturale di questo rialzo dei prezzi ha monopolizzato l’attenzione degli investitori, orientando soprattutto nell’ultima parte dell’anno le scelte delle principali Banche centrali, che si sono mosse in generale verso la riduzione delle misure di stimolo: chi in misura più rapida, come la Banca d’Inghilterra o la Federal Reserve; chi invece con più prudenza vista la differente fase del ciclo, come Bce o Banca del Giappone.

E saranno senza dubbio ancora una volta soprattutto le decisioni delle Banche Centrali a orientare nel 2022 i movimenti degli investitori. Le attese sui movimenti dei tassi e sulle decisioni delle Banche centrali legate alla tempistica del ritiro delle misure di sostegno è del resto uno degli elementi che condizionerà il cammino delle Borse nei prossimi 12 mesi ed è inevitabilmente destinato a creare episodi di volatilità che, alla fine, potranno far preferire i titoli value ai titoli growth.

Si apre insomma un anno nel quale occorrerà monitorare con attenzione l’evoluzione delle politiche monetarie delle principali Banche Centrali, ma che potrebbe ancora vedere il consolidamento della ripresa economica accompagnata da solide prospettive di crescita degli utili aziendali, grazie alla forte spesa dei consumatori, all’aumento dei salari e al facile accesso al capitale.

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