RECUPERO DELLE MINUSVALENZE: UN TEMA SUL QUALE VALE LA PENA DI RITORNARE

Con l’approssimarsi della fine dell’anno vale la pena di tornare brevemente sul tema, già trattato qui della possibilità di recuperare fiscalmente le minusvalenze pregresse eventualmente consuntivate sino dal 2019.

 Ricordiamo brevemente di cosa stiamo parlando:

Cosa sono le minusvalenze

Le minusvalenze sono perdite realizzate in seguito alla vendita di strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento, ETF, ETC, Certificates, derivati).Cosa sono le minusvalenze

Queste perdite rappresentano un credito fiscale che si può recuperare entro i 4 anni successivi.

In particolare questo credito può essere utilizzato per compensare le imposte che sarebbero dovute su eventuali maggiori utili che fossero stati registrati su operazioni successive; in sostanza questo credito consente di non pagare tasse sui profitti eventualmente consuntivati dalla vendita di altri strumenti finanziari in cui si è investito successivamente.

In altre parole:

Ho acquistato uno strumento finanziario a 1000€.

Successivamente ho venduto quello stesso strumento (vediamo poi quale e a quali condizioni) per 900 €.

Ho quindi una minusvalenza di 100€.

Se nei quattro anni successivi ho registrato un profitto sulla vendita di altri strumenti finanziari, potro compensare quei 100€ di perdite senza pagare imposte. Il che vuol dire aumentare il proprio profitto di 26 € su 100!

Come funziona

Vediamo come funziona di norma il meccanismo fiscale dell’acquisto di prodotti finanziari, avvertendo che quanto andiamo dicendo si applica, in particolar modo con riferimento alle persone fisiche residenti che hanno optato, all’atto dell’apertura del conto titoli presso la propria banca o presso la propria SIM, per il “regime fiscale amministrato”, che sono poi, generalmente, la stragrande maggioranza di coloro che detengono un conto titoli.

  • Quando si acquistano, o già si possiedono, strumenti finanziari si apre, o già si possiede, presso il proprio intermediario, un dossier titoli che può contenere qualsiasi tipo di investimento (azioni, obbligazioni fondi comuni di investimento (solo con riferimento ai fondi “armonizzati”), fondi pensione e così via).
  • All’atto dell’apertura del conto titoli la banca o la Società di intermediazione mobiliare (SIM) dove si apre il dossier titoli chiede all’investitore quale sia il regime fiscale da applicare alle operazioni compiute. Di regola l’investitore opta per l’applicazione del regime fiscale amministrato. Scegliendo questa opzione è lo stesso intermediario che diventa sostituto di imposta provvedendo alla liquidazione ed al versamento delle imposte per conto dello stesso investitore. (Detto per inciso, gli altri regimi applicabili sono il regime dichiarativo e quello del risparmio gestito).
  • Con il regime fiscale amministrato gli investimenti effettuati non dovranno essere inseriti nella dichiarazione dei redditi individuale del singolo investitore. La propria banca o la propria SIM provvedono, almeno in teoria, alla liquidazione dell’imposta sostitutiva sui redditi derivanti dalle operazioni compiute dal cliente.
  • Ricordiamo che le plusvalenze, ovvero i guadagni da prodotti finanziari sono tassati con un’aliquota del 26%. (Solo i titoli di stato ed organismi sovranazionali sono tassati al 12,50%).

Vediamo in concreto come funziona questo meccanismo:

  • All’atto della vendita di uno strumento finanziario (quota di fondo comune, azione, obbligazione ecc.) il prezzo della vendita può essere maggiore o minore del prezzo di acquisto.
  • Se il prezzo è maggiore l’investitore realizza un utile, che sconta un’imposta del 26% (o in alternativa del 12,50% nel caso di titoli di Stato Italiani o esteri).
  • La banca o la SIM annota nell’estratto conto delle operazioni effettuate nell’anno. Si tratta di un elenco, in ordine di valuta di regolamento, di tutte le operazioni in strumenti finanziari riconducibili a uno stesso soggetto (codice fiscale).
  • Se invece il prezzo è inferiore al prezzo di acquisto, si registra una c.d. “minusvalenza”, e l’intermediario, banca o SIM che sia, tiene nota dell’importo registrandolo nel c.d. “cassetto fiscale” del proprio cliente.
  • La minusvalenza diventa quindi un credito fiscale che può andare a compensare, subito o entro 4 anni dalla scadenza, le imposte dovute sulle operazioni in utile successivamente compiute. Succede in altre parole che sia data la possibilità, nello stesso periodo d’imposta o nei quattro successivi, di “compensare” le minusvalenze con utili derivanti da altre operazioni in utile.
  •  In concreto significa “guadagnare” un 26% di fino a concorrenza delle perdite consuntivate negli esercizi precedenti.

A questo punto sorge spontanea una domanda: ma se nel regime amministrato pensa a tutto la banca, perché occuparsi del problema?

Per molti motivi.

Perché può succedere, e succede, che talvolta la banca o l’intermediario non facciano il controllo della consistenza del “cassetto” fiscale; perché è possibile che l’investitore abbia cambiato banca o intermediario nel corso del quinquennio, perché è possibile che si abbiano investimenti su conti di diverse banche o intermediari.

Insomma il consiglio è controllare sempre, o, meglio, far controllare al proprio commercialista ed eventualmente intervenire a rettifica nella dichiarazione dei redditi

Come funziona il meccanismo di recupero delle minusvalenze?

Per capire questo meccanismo, come abbiamo già detto nel nostro precedente articolo su questo blog, bisogna ricordare la distinzione che il legislatore fiscale opera tra redditi di capitale e redditi diversi.

Sono redditi di capitale:

  • La compravendita di quote o azioni Fondi comuni e di ETF
  • L’incasso di cedole obbligazionarie
  • I dividendi azionari

La caratteristica dei redditi di capitale consiste, nei limiti di quanto ci interessa in questa sede, nel fatto che questi redditi concorrono alla determinazione del reddito senza alcuna deduzione.

In altre parole, se vengono vendute quote di fondi comuni dalle quali si traggono profitti e altri da cui si ricavano perdite, il risultato reddituale sarà composto esclusivamente degli utili, senza alcuna possibilità di compensazione.

Danno luogo a redditi diversi:

  • La compravendita di azioni
  • La compravendita di obbligazioni
  • La compravendita di Certificati
  • Gli ETC
  • I derivati (opzioni, futures, ecc.)

Al contrario dei redditi di capitale di capitale, in questo caso il reddito complessivo è costituito dalla somma dei proventi al netto delle eventuali perdite (minusvalenze).

La compensazione tra plusvalenze e minusvalenze si può qapplicare solo a quei redditi che sono classificati tra i redditi diversi con l’importante eccezione delle minusvalenze derivanti dalla vendita di quote di fondi comuni e di azioni di SICAV e di ETF.

In altre parole, le minusvalenze derivanti dalla negoziazione di quote o azioni di fondi comuni contribuiscono ad alimentare la differenza di reddito compensabile, ma non possono essere compensate con operazioni su strumenti finanziari che generano redditi di capitale, ma solo con strumenti finanziari che generano redditi classificati come redditi diversi.

Nella tabella qui sotto sono evidenziate le varie possibilità di compensazione.

MINUSVALENZE PREGRESSE IN:
AZIONIOBBLIGAZIONIFONDIETFCERTIFICATE
      
COMPENSABILI CON:      
PLUSVALENZE SU AZIONI SISISISISI
DIVIDENDI NONONONONO
PLUSVALENZE SU OBBLIGAZIONI SISISISISI
CEDOLE OBBL. NONONONONO
PLUSVALENZE SU FONDI NONONONONO
DIVIDENDI DA FONDI NONONONONO
PLUSVALENZE DA ETF NONONONONO
DIVIDENDI DA ETF NONONONONO
PLUSVALENZE DA CERTIFICATE SISISISISI

Una prima valutazione che appare immediatamente evidente è rappresentata dalla convenienza alla maggiore diversificazione del portafoglio anche in termini di ottimizzazione del carico fiscale sul portafoglio complessivo.  Se si hanno in portafoglio solo quote di Fondi o azioni di ETF o Sicav, ogni possibilità di compensazione di eventuali perdite è del tutto precluso.

Cosa fare in concreto se si hanno perdite pregresse “compensabili”

La prima cosa da fare se si hanno perdite pregresse, soprattutto se in scadenza al 31/12/20023, è quella di compensarle con strumenti finanziari in utile alla stessa data, e poi eventualmente, se lo si ritiene conveniente, reinvestendo negli stessi strumenti subito dopo. Questo consente di guadagnare un solido 26% sui profitti (12,50 se si tratta di obbligazioni governative).

Per essere più chiari: se dalla documentazione della banca, o dallo “zainetto fiscale” risultano minusvalenze compensabili (soprattutto se in scadenza al 31/12/2023), vale la pena di vendere i titoli in utile (per esempio azioni) per un plusvalore pari alle minusvalenze da compensare, portando a casa l’intero utile in “esenzione” d’imposta, magari ritornando ad acquistare gli stessi titoli subito dopo.

E’ bene farsi i conti sui costi di intermediazione per la cessione e il riacquisto, ma, come dire, il gioco dovrebbe valere sicuramente la candela.

Cosa fare se si hanno perdite pregresse al 31/12/2019 senza possibilità di compensazione

Se invece si fosse in presenza di perdite pregresse in scadenza al 31/12 ma senza alcuna possibilità di compensazione, vale la pena di segnalare la presenza di strumenti ad hoc che vengono creati ed emessi proprio per consentire di recuperare, ma sarebbe meglio dire: prolungare la vita, delle minusvalenze in scadenza per altri quattro anni.

Si tratta dei c.d. certificati “maxicoupon” che pagano immediatamente cedole molto consistenti, anche del 20/25 % che vengono incassate “in esenzione” di imposta.

Ovvio che, dopo lo “stacco” il valore del certificato diminuisce di un importo corrispondente alla cedola pagata, ma questa minusvalenza, registrata per esempio nel 2023, avrà ancora “quattro anni di vita” e potrà consentire nuove compensazioni in futuro.

E’ comunque bene ricordare che i certificati sono strumenti complessi che devono essere sempre  attentamente valutati in tutti i loro aspetti, non solo sotto il profilo del recupero delle minus, e che i costi dell’operazione, soprattutto se i certificati vengono acquistati all’atto dell’emissione, possono anche essere significativi e devono comunque essere valutati in rapporto ai benefici, ma generalmente l’operazione mantiene una sua solida convenienza.

In conclusione

Come sempre ho cercato di illustrare i vari aspetti di problemi che non sono semplici e richiedono spesso la conoscenza dei singoli casi per esprimere una valutazione complessiva, anche, eventualmente, in collaborazione con i professionisti che si occupano degli aspetti fiscali.

Chiunque fosse interessato per approfondire gli aspetti legati a questo o ad altri aspetti relativi ai propri investimenti o semplicemente per avere maggiori informazioni può contattarmi  via mail o via WhatsApp

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