IL RECUPERO DELLE MINUSVALENZE

Il monitoraggio e la gestione della fiscalità degli investimenti rappresentano un aspetto non secondario nella ricerca delle condizioni di massimizzazione del rendimento di un investimento, al pari dei costi accessori o di altri oneri accessori.

Uno degli aspetti che devono essere considerati, e che viene spesso in considerazione quando ci si avvicina al termine dell’anno solare è quello del recupero delle minusvalenze eventualmente registrate in periodi di imposta precedenti.

Cosa sono le minusvalenze

Può succedere in altre parole che un investimento in strumenti finanziari sia chiuso in perdita, e cioè che il valore di acquisto sia stato, a suo tempo, superiore al prezzo di cessione. In questo caso, ed a certe condizioni che cercheremo di esaminare in dettaglio, la “perdita” consuntivata in un periodo può essere compensata con le plusvalenze registrate nei quattro periodi di imposta successivi, dando luogo, quindi, ad utili in esenzione di imposta.

Un esempio:

Ho venduto titoli nel 2018 per 2.000 €, registrando un “perdita” di 1.000€. Fino al 31 /12/2022 posso compensare quella perdita con profitti su titoli per il medesimo importo. Considerando che l’imposta è pari al 26% (12,505 per i titoli di stato), questo significa avere fino a 260€ su 1000 € di possibili utili in esenzione di imposta. Non male.

Le condizioni per il recupero

La compensazione delle minusvalenze nei quattro anni successivi non è consentita per tutti i redditi di natura finanziaria, ma solo per quelli che appartengono alla categoria dei redditi “diversi” ex art. 67 TUIR. Ora senza entrare nei meandri della legislazione fiscale, i redditi diversi hanno la caratteristica di

  • Essere incerti, ex ante, nella loro quantità ed esistenza
  • Di essere positivi o negativi
  • Di essere il risultato di operazioni di negoziazione

Per fare un esempio, generano redditi diversi la negoziazione di azioni, obbligazioni (ad eccezione dei proventi derivanti dal rimborso a scadenza dei titoli), le operazioni su strumenti derivati (Certificati, opzioni, futures ecc.).

Sono inoltre considerati “redditi diversi” anche le “perdite” (ma non i profitti, che sono considerati redditi di capitale) consuntivate sulla cessione di quote di Fondi Comuni di Investimento (OICR).

Le differenze nei vari regimi di dichiarazione

Fin qui la questione sembra abbastanza semplice, ma limitata a quei (pochi) che hanno optato per il regime dichiarativo: basta ricordarsi, entro la scadenza del periodo di imposta, di “ricostruire” la storia dei propri investimenti (o degli investimenti del cliente) calcolare l’eventuale credito d’imposta e utilizzarlo a compensazione di eventuali posizioni in utile. Qui evidentemente le soluzioni possibili possono essere diverse a seconda della situazione del singolo investitore; a titolo di esempio può essere conveniente liquidare posizioni in utile “assorbendo” crediti di imposta in scadenza su minusvalenze che risalgono al quarto periodo d’imposta precedente (beneficiando dunque di profitti in esenzione d’imposta), così come si può valutare l’acquisto di strumenti ad hoc, quali per esempio particolari categorie di Certificati denominati “Maxicoupon” che consentono di rinviare il credito d’imposta di ulteriori quattro anni. Sono soluzioni da valutare caso per caso che devono essere analizzate in funzione delle caratteristiche del singolo investitore.

Il caso del “risparmio amministrato”

Per tutti coloro (e sono la maggioranza) che hanno optato per il regime del risparmio amministrato le cose sono un po’ diverse ed il rischio di perdere di vista l’opportunità di una compensazione sono dietro l’angolo.

Infatti se nel momento dell’apertura del conto titoli presso un intermediario l’investitore ha optato per l’applicazione del regime del risparmio amministrato, è lo stesso intermediario che applica l’imposta per cassa all’atto dell’effettuazione dell’operazione. Quindi agisce come sostituto d’imposta applica lil 26% o il 12,50% sulla realizzazione dei profitti, che ricordiamo avviene per cassa, e, in caso di perdita su redditi “diversi”, accantona la minusvalenza nel c.d. “zainetto fiscale”.

E’ però bene ricordarsi che, per diversi motivi, non sempre succede che l’intermediario si preoccupi anche di compensare le eventuali minusvalenze con i profitti delle operazioni successive, anche perché la “compensazione” o comunque il recupero nel quinquennio del credito d’imposta dipende da attività diverse, per esempio la cessione di titoli in “gain”, che sono al di fuori del mero calcolo dell’imposta dovuta.

L’importante dunque è sempre verificare con il proprio consulente la “posizione fiscale” dell’investimento fornita dall’intermediario e analizzare l’effettiva possibilità di ottimizzazione, anche fiscale, del proprio investimento attraverso l’analisi, anno per anno, la posizione fiscale del cliente ed individuare, di volta in volta, le soluzioni più opportune per l’utilizzo di eventuali crediti d’imposta prima della loro scadenza.

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